Il percorso sinodale della Chiesa di Roma, iniziato ad ottobre 2021, in realtà è stato preceduto da un cammino diocesano avviato dall’Anno Pastorale 2017-18, quindi ha trovato un tracciato già preparato, con un desiderio e un impegno crescenti di ascolto e condivisione. Per impostare bene l’incontro di lunedì tre ottobre prossimo è bene leggere questo articolo di seguito al fine di ricollocarci nel percorso già iniziato lo scorso anno:
Significato di sinodo “sinodalità”:
Sinodo” è parola antica e veneranda nella Tradizione della Chiesa, il cui significato richiama i contenuti più profondi della Rivelazione. Composta dalla preposizione σύν, con, e dal sostantivo ὁδός, via, indica il cammino fatto insieme dal Popolo di Dio. Rinvia pertanto al Signore Gesù che presenta se stesso come «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6), e al fatto che i cristiani, alla sua sequela, sono in origine chiamati «i discepoli della via» (cfr. At 9,2; 19,9.23; 22,4; 24,14.22).
San Giovanni Crisostomo, ad esempio, scrive che Chiesa è «nome che sta per cammino insieme. La Chiesa infatti – spiega – è l’assemblea convocata per rendere grazie e lode a Dio come un coro, una realtà armonica dove tutto si tiene, poiché coloro che la compongono, mediante le loro reciproche e ordinate relazioni, con un “medesimo sentire”.
Il greco σύνoδος viene tradotto in latino con sýnodus o concilium. Concilium, nell’uso profano, indica un’assemblea convocata dalla legittima autorità. Benché le radici di “sinodo” e di “concilio” siano diverse, il significato è convergente.
Nella letteratura teologica, canonistica e pastorale degli ultimi decenni si è profilato l’uso di un sostantivo di nuovo conio, “sinodalità”, correlato all’aggettivo “sinodale”, entrambi derivati dalla parola “sinodo”. Si parla così della sinodalità come “dimensione costitutiva” della Chiesa e tout court di “Chiesa sinodale”. Questa novità di linguaggio, che chiede un’attenta messa a punto teologica, attesta un’acquisizione che viene maturando nella coscienza ecclesiale a partire dal Magistero del Vaticano II e dall’esperienza vissuta, nelle Chiese locali e nella Chiesa universale, dall’ultimo Concilio sino a oggi.
Benché il termine e il concetto di sinodalità non si ritrovino esplicitamente nell’insegnamento del Concilio Vaticano II, si può affermare che l’istanza della sinodalità è al cuore dell’opera di rinnovamento da esso promossa.
L’ecclesiologia del Popolo di Dio sottolinea infatti la comune dignità e missione di tutti i Battezzati, nell’esercizio della multiforme e ordinata ricchezza dei loro carismi, delle loro vocazioni, dei loro ministeri.
La sinodalità, in questo contesto ecclesiologico, indica lo specifico modus vivendi et operandi della Chiesa Popolo di Dio che manifesta e realizza in concreto il suo essere comunione nel camminare insieme, nel radunarsi in assemblea e nel partecipare attivamente di tutti i suoi membri alla sua missione evangelizzatrice.
Il programma della Diocesi di Roma prende forma dall’Udienza di Papa Franceso ai fedeli della Diocesi di Roma del 18/09/2021. Stiamo vivendo un “processo sinodale” che è un cammino in cui tutta la Chiesa si trova impegnata al tema: “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione. Sono tre Pilastri concepiti come tre fasi scandite nell’arco temporale ottobre 2021-2023.
Prima condizione per vivere questo itinerario è l’ascolto reciproco a vari livelli Vescovi, sacerdoti, religiosi. Ascoltarsi non per raccogliere opinioni ma ascoltarsi per ascoltare lo Spirito Santo (Ap 2,7), sentire la voce di Dio, cogliere la sua presenza (1Re 19,11-13). La prima tappa di questo precesso va da ottobre 2021-aprile 2022 e riguarda le singole Chiese diocesane.
Il modello: La Chiesa degli Atti degli Apostoli:
La Sinodalità (camminare insieme) fa parte della natura stessa della chiesa che ha come modello di base il libro degli Atti degli Apostoli. Camminano insieme la Parola di Dio e le persone che a quella Parola si rivolgono l’attenzione e la fede.
Tutti erano protagonisti ciascuno con il proprio ministero e compito e nessuno era spettatore. L’autorità era definita dall’ascolto della voce di Dio e dalla parola della gente, questi due elementi non erano mai separati.
Il cammino della Chiesa degli atti era scandita da una inquietudine interiore che deriva dalla fede vissuta e che apre al discernimento, a ciò che è meglio fare nel qui ed ora della situazione per non stare fermi, statici e vivere la routine sterile che poi stanca. Se non c’è questa inquietudine interiore non siamo aperti allo Spirito Santo e quindi non sentiamo lo Spirito di Dio come regista della nostra vita ecclesiale e comunitaria.
Dentro questo cammino ci sono Pietro e Paolo che non sono solo due individui ma testimoni di un impulso che viene dall’alto e che li mette in crisi, li spinge ad osare, fare errori ed imparare dagli errori. Essi sono discepoli dello Spirito Santo e sperimentano aperture nuove superamento di ostacoli, non certo rimanere fermi nelle cose ripetitive da fare.
L’episodio di Cornelio in Atti 10 favorì la convinzione che la Chiesa non è un circolo chiuso, ma aperto, se fosse chiuso sarebbe facile cadere nella discriminazione. Siamo chiamati a vivere tutti il dinamismo di una comunità in cammino e aperta all’esterno, non ci sono confini nella Chiesa.
Questo essere condotti dallo Spirito che abbatte confini porta ad una ampiezza che fa nascere nuovi ministeri e incarichi come il servizio della carità delegata ai diaconi (At 6,1-7) collaboratori degli apostoli. tutto vissuto nella sinodalità e grazie ad essa la Chiesa va avanti sotto la guida dello spirito.
Anche il contesto del Concilio di Gerusalemme, il primo concilio è segno di questo dinamismo senza confini in cui i pagani diventato anch’essi destinatari del dono dello Spirito del Risorto (At15,28).
Cammino per ascoltarsi e ascoltare lo Spirito Santo:
Tutto questo nella prassi consolidata di ascoltarsi e nello stesso tempo ascoltare lo Spirito Santo, questo esercizio continuo è importante perché il noi non diventi un circolo chiuso ma aperto in questo senso è da prendere come regola di vita l’affermazione di Pietro rivolto ai pagani che avevano abbracciato la fede: “E’ parso bene allo Spirito Santo e a noi di non imporvi altro obbligo”, dove il noi non ha una sola dimensione orizzontale ma verticale, che si fonda come detto nell’esercizio continuo di ascoltarsi e ascoltare lo Spirito Santo.
La chiesa non è una comunità solo di persone, in mezzo ad esse c’è il protagonista, lo Spirito del Risorto, non è una organizzazione, ma un segno di questa presenza, la presenza dello Spirito fa sì che la rende sacramento, La Chiesa è, in Cristo in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’umanità di tutto il genere umano” (LG 1). Ecco anche il nostro impegno: siamo chiamati ad essere segno e strumento non solo fra noi in modo autoreferenziale ma dove realmente viviamo. tutti noi siamo chiamati ad essere sacramento, vi invito a contemplare questo mistero.
Custodire il cammino incominciato negli Atti degli Apostoli, come una sorta di fuoco sotto le ceneri.
A volte noi vediamo solo la cenere ma sotto c’è il fuoco, anche questo nelle nostre attività è un lavoro da fare. Il fuoco ci porta ad andare aventi a non fermarsi, se l’acqua rimane ferma va in putrefazione se scorre porta freschezza e novità. Vivere la Pentecoste: Essere uno nelle diversità di ogni componente della parrocchia, non esiste qualcuno che sia migliore degli altri, un gruppo… migliore dell’altro.
I pastori camminano con il popolo: davanti in mezzo e dietro al popolo nel reciproco ascolto e nell’ascolto dello Spirito.
Davanti per indicare la strada. In mezzo per sentire cosa sente il popolo, dietro per aiutare coloro che rimangono dietro e per far permettere al popolo il fiuto, cioè le intuizioni che poi possono raccogliere i pastori.
Il Papa fa riferimento al cosiddetto “sensus fidei”: LG 12:
Il popolo santo di Dio partecipa pure dell’ufficio profetico di Cristo col diffondere dovunque la viva testimonianza di lui, soprattutto per mezzo di una vita di fede e di carità, e coll’offrire a Dio un sacrificio di lode, cioè frutto di labbra acclamanti al nome suo (cfr. Eb 13,15). La totalità dei fedeli, avendo l’unzione che viene dal Santo, (cfr. 1 Gv 2,20 e 27), non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa sua proprietà mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il popolo, quando « dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici » [22] mostra l’universale suo consenso in cose di fede e di morale. E invero, per quel senso della fede, che è suscitato e sorretto dallo Spirito di verità, e sotto la guida del sacro magistero, il quale permette, se gli si obbedisce fedelmente, di ricevere non più una parola umana, ma veramente la parola di Dio (cfr. 1 Ts 2,13), il popolo di Dio aderisce indefettibilmente alla fede trasmessa ai santi una volta per tutte (cfr. Gdc 3), con retto giudizio penetra in essa più a fondo e più pienamente l’applica nella vita.
Inoltre lo Spirito Santo non si limita a santificare e a guidare il popolo di Dio per mezzo dei sacramenti e dei ministeri, e ad adornarlo di virtù, ma « distribuendo a ciascuno i propri doni come piace a lui » (1 Cor 12,11), dispensa pure tra i fedeli di ogni ordine grazie speciali, con le quali li rende adatti e pronti ad assumersi vari incarichi e uffici utili al rinnovamento e alla maggiore espansione della Chiesa secondo quelle parole: « A ciascuno la manifestazione dello Spirito è data perché torni a comune vantaggio » (1 Cor 12,7). E questi carismi, dai più straordinari a quelli più semplici e più largamente diffusi, siccome sono soprattutto adatti alle necessità della Chiesa e destinati a rispondervi, vanno accolti con gratitudine e consolazione. Non bisogna però chiedere imprudentemente i doni straordinari, né sperare da essi con presunzione i frutti del lavoro apostolico. Il giudizio sulla loro genuinità e sul loro uso ordinato appartiene a coloro che detengono l’autorità nella Chiesa; ad essi spetta soprattutto di non estinguere lo Spirito, ma di esaminare tutto e ritenere ciò che è buono (cfr. 1 Ts 5,12 e 19-21).
E’ molto importante tenere presente questa prospettiva, il sensus fidei non è confronto democratico di opinioni ma un “sentire comune” che nasce dal dono dello Spirito Santo a tutti i battezzati. Il frutto del sensus fidei non porta idee migliori o peggiori delle altre, maggioranze o minoranze ma i fedeli semplicemente possiedono un istinto per la verità del Vangelo, che permette loro di riconoscere la dottrina e la prassi cristiane autentiche e di aderirvi. Questo istinto soprannaturale, che ha un legame intrinseco con il dono della fede ricevuto nella comunione ecclesiale, è chiamato sensus fidei, e permette ai cristiani di rispondere alla propria vocazione profetica. Questo è importante nel cammino sinodale.
Essere popolo di Dio non è un privilegio ma un dono che si riceve non per se stessi ma per tutti. Tutti dobbiamo domandarci: il mio essere cristiano come lo dono agli altri come lo testimonio?
Per cui la chiesa, ogni parrocchia non può essere un circolo chiuso ma la casa di tutti nel quartiere, non possiamo limitarci a prendere in considerazione solo chi la pensa come noi ma di ascoltare chi la pensa diversamente in modo che le loro domande siano le nostre domande, su questo occorre affidarsi allo Spirito per essere testimoni. Non imponiamo le nostre cose ma lasciamoci condurre dallo Spirito.
Prospettiva di fondo del cammino pastorale 2022/23:
Il cammino della Chiesa italiana e quindi quello della Diocesi di Roma ha formulato dei “cantieri” precisamente 3 che sono degli ambiti in cui le nostre comunità si possono orientare. L’immagine del cantiere rimanda ad un lavoro che dura nel tempo, che non si limita semplicemente alla programmazione o all’organizzazione di eventi.
“I tre cantieri di Betania” che delineano il modello di una chiesa come “casa di Betania” aperta a tutti, secondo l’icona evangelica da cui prende spunto l’idea del cantiere è Lc 10,38-42. Il testo – che ha come icona biblica di riferimento l’incontro di Gesù con Marta e Maria, nella casa di Betania – da cui derivano questi tre cantieri: quello della strada e del villaggio, quello dell’ospitalità e della casa e quello delle diaconie e della formazione spirituale. Questi cantieri potranno essere adattati liberamente a ciascuna realtà, scegliendo quanti e quali proporre nei diversi territori.
Per la nostra parrocchia sono adatti il secondo e il terzo cantiere:
Il Cantiere dell’ospitalità e della casa
Il cantiere delle diaconie e della formazione spirituale
Di seguito un breve video sui tre ambiti definiti dal documento della Chiesa italiana: